di Enrico Bertolin.
Sono tornato a Città del Guatemala, o Guate, come si ama chiamarla qui. Dico sono tornato perché ci ero già stato per la prima volta nell’estate del 2018. Le cose sono un po’ cambiate. Sono passati 5 anni ma, soprattutto, c’è stata di mezzo la pendemia. Sì perché nel giardino infantile del CECPO (Centro Educativo Complementario Padre Ottorino) adesso ci sono solo 2 classi: quella dei bimbi di 4 anni, e quella dei bimbi dai 4 ai 7. Eh sì, solo 2, mentre prima c’era pure la classe da 1 a 3 anni. Inoltre, alcuni volti amici ormai non sono più qui a lavorare con i preti e le suore della Pia Società di San Gaetano. Alcuni sono andati negli Stati Uniti a cercare condizioni migliori e altri sono riusciti a crearsi la loro attività.
Inoltre, non ci sono più i bimbi che ho conosciuto 5 anni fa. Evidentemente adesso, che sono cresciuti, hanno preso altre strade. Ma non tutto è cambiato. Faccio la solita strada che mi separa dalla casa dove sono ospitato con altri 3 ragazzi. Li accompagno fino al CECPO, e dopo aver attraversato il grande portone di ferro blu, percorriamo il vialetto fatto di mattoni di cemento fino ad arrivare all’ingresso principale. Sbircio dentro e vedo Señora Jeannette. Faccio un gran saluto e poi le dico: “Yo me recuerdo de ti”. Lei si anima e mi viene incontro a salutarmi ed abbracciarmi, con una gioia enorme. Già mi sento a casa. Ci facciamo festa a vicenda ma, non perdiamo molto tempo che subito ci accompagna dentro al giardino infantile, perché oltre a lei è rimasta anche señora Raquèl. La vedo seduta con un bimbo sulle ginocchia e come lei mi vede mi viene incontro per farmi festa.
Sono felice di averle rincontrate. Per certi versi sembra che non sia cambiato niente tra noi; si ride e si scherza come un tempo, e si parla di un po’ di tutto ma, specialmente dei bimbi e di come sia complicato crescere in questo quartiere, la Verbena. Sebbene abbiano qualche anno in più, sono rimaste energiche, creative e con un cuore grande, grande, sempre disponibile ad ascoltare i bisogni dei bimbi.
Ma tornare in Guatemala vuol dire anche rincontrare altri vecchi amici, come Elias, un uomo che ha sempre la voglia di partire, di fare avventure, di conoscere persone nuove. Anche per lui molte cose sono cambiate in questi 5 anni. Ha cambiato lavoro costruendosi una realtà tutta sua, si è sposato e tra poco diventerà papà. Ci troviamo per organizzare la gita al Lago Atitlàn e subito parte con le sue battute e modi di dire. Conosce l’italiano e quindi la comunicazione con lui è più agevole. Ci prendiamo del tempo e ci raccontiamo quello che è successo in questi anni, cosa ci ha cambiati e cosa è rimasto come prima. Di tanto in tanto ritorniamo con la mente alle esperienze passate. È bello trovare del tempo per ascoltare gli amici e per raccontarsi.
Tornare qui è un po’ come tornare a trovare dei parenti, il senso di accoglienza che c’è è veramente avvolgente. Non bisogna però dimenticare che sono qui anche per vivere una esperienza missionaria. Questa volta faccio l’accompagnatore e con me ci sono 3 giovani che hanno fatto il percorso di Missio Giovani Vicenza. Sono Asia, Rebecca e Alessandro. Questa situazione sta rendendo per me l’esperienza completamente nuova sotto diversi punti di vista. Tanto per cominciare i nuovi equilibri che si devono creare all’interno del gruppo. Mi rendo conto che per quanto siamo trattati con i guanti di velluto, ognuno di noi ha i suoi disagi nell’ adattarsi a vivere qui con nuove persone a stretto contatto per circa un mese. Ognuno ha il suo carattere e anche se l’entusiasmo è tanto, non è sempre facile andare d’accordo. Io stesso mi sento un senso di responsabilità nei loro confronti. Da una lato per permettergli di vivere l’esperienza con la giusta intensità, dall’altro nell’aiutarli a parlare, a tirare fuori quello che li mette in difficoltà, a confrontarsi e a sentirsi sempre più come un gruppo. Ognuno ha le sue qualità e per fortuna abbiamo una eterogeneità tale da aiutarci a vicenda. Alcune volte mi sento in bilico tra la vecchia esperienza e questa, e capita di fare dei confronti. Mi rendo sempre più conto però di quanto sia unica questa esperienza e non una ripetizione, e questo è anche merito loro che si stanno mettendo in gioco e che si aprono al gruppo, permettendo la crescita di un clima positivo, fantasioso, e di confronto. Man a mano che i giorni passano e più sto imparando ad apprezzarli e già spero che questa nostra avventura non termini solo con l’esperienza qui.
Racconto di loro perché con loro vivo la parte più intensa dell’esperienza ma, in tutto questo spettacolo fanno da attori importanti anche Don Severino, Padre Bruno, suor Paty e tutti gli amici che ruotano attorno a loro. Li ringrazio veramente tanto.
Concludo dicendo che non so quando e con chi ritornerò in Guatemala, so solo che mi è entrato nel cuore e che per me significherà sempre tornare dai miei amici Chapines.