Diario dalla Colombia (14 agosto)
L’esperienza di Matteo Sturaro e dei suoi compagni di viaggio
Oggi abbiamo varcato il cancello della scuola di Robles, che riapriva le sue porte dopo venti giorni di silenzio forzato. La guerriglia tra clan aveva costretto insegnanti e studenti a rimanere lontani dalle aule, e nell’aria si percepiva ancora un’eco di tensione.
Eppure, appena entrati, quel silenzio si è sciolto: voci, sorrisi e curiosità hanno riempito il cortile. La giornata è trascorsa con i ragazzi, di età diverse, tra giochi, attività e momenti di scambio. La loro energia e la voglia di imparare ci hanno ricordato quanto la scuola possa essere rifugio di normalità e seme di speranza. Proprio come avevamo sperimentato nei quartieri di Cali, anche qui abbiamo visto che l’educazione non è solo trasmissione di nozioni, ma un atto di resistenza e di fiducia nel futuro.

A pranzo siamo stati accolti da alcune donne della comunità e dal parroco: insieme abbiamo condiviso cibo, canti, preghiere e conversazioni. Un momento semplice ma ricco, segno di una fraternità che non conosce barriere.

La giornata si è conclusa con la cena in una famiglia locale, che ci ha aperto le porte della propria casa. Tra il profumo delle empanadas appena fritte e le chiacchiere attorno al tavolo, ci siamo sentiti parte della loro vita. Piatti tradizionali, sorrisi e risate hanno reso quel tempo un frammento di famiglia anche per noi.