Noi capitani

in “Il Post” del 4 maggio 2024 – di Claudio Caprara

«Nella sua città natale, Thiès, Seydou Sarr, il capitano del film, ha avuto un’accoglienza da star. La proiezione era in uno spiazzo polveroso dove i suoi amici hanno portato decine di djembe, i tamburi a forma di calice ricoperti di pelle di capra originari di queste zone. L’attesa della proiezione si è trasformata in una grande festa di balli sfrenati. Decine di ragazze indossavano magliette azzurre con la foto di Sarr, fatte preparare dalla madre. A Kolda abbiamo dormito in un villaggio di tucul in mezzo a un bosco di manghi e di alberi di anacardo dove le scimmie sono più numerose degli umani. A Sédhiou in un palmeto dove gli uccelli si fanno sentire forte a ogni ora del giorno»

Sto scrivendo su un pullman che è partito da Medina Dakhar, un piccolo centro agricolo a quattro ore da Dakar (la capitale del Senegal). Sono diretto a Kolda, una delle più importanti città della regione della Casamance: una lingua di terra stretta tra il Gambia a nord e la Guinea-Bissau a sud. È la terra di origine del nuovo presidente del Senegal, Bassirou Diomaye Faye.

Viaggio con una trentina di persone italiane e senegalesi. Alcuni sono vecchi collaboratori della Cinemovel Foundation, un’organizzazione che da molti anni propone eventi di cinema itinerante. Nel pullman ci sono esperti che ogni giorno montano le strutture per le proiezioni su grande schermo. Poi ci sono operatori, fotografi, un fonico che produrranno un documentario su questa avventura. C’è poi uno degli sceneggiatori e tre attori dell’ultimo film di Matteo Garrone. Questa carovana porta nelle scuole, nelle città e nei villaggi del Senegal il film Io capitano, Leone d’argento per la miglior regia all’ottantesimo festival del cinema di Venezia e nella cinquina dei candidati agli Oscar come migliore film internazionale (Io capitano ha vinto sette David di Donatello per la miglior regia, film, montaggio, fotografia, produzione, effetti visivi e suono).

Anche il regista è stato nel gruppo per la prima settimana del viaggio. Al termine delle proiezioni, quando gli spettatori discutono con chi ha realizzato il film, ha ripetuto che noi occidentali siamo abituati a vedere solo l’ultima parte del viaggio dei migranti, quando e se le barche riescono ad arrivare in Italia. Con Io Capitano, invece: «Abbiamo voluto dare una forma visiva a quello che c’è prima di arrivare, attraverso gli occhi di chi vive questa odissea. Il cinema è una forma di arte che tocca il cuore e le emozioni delle persone e per poterlo fare ha bisogno di grandi interpreti, di grandi attori e io sono stato fortunato a lavorare con attori straordinari che sono stati la vera forza del film».

Secondo Garrone il suo lavoro «è la dimostrazione che le cose si possono fare insieme e che la strada per il futuro è lo scambio di culture e l’apertura. Io non ho fatto altro che mettermi al servizio dei racconti di chi ha vissuto queste avventure e sapevo che la sola cosa fondamentale per ottenere un buon risultato era essere sinceri».

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