La cura

Wamba, Kenya

Questa seconda giornata è stata per tutti noi molto impegnativa, sia da un punto di vista fisico, che da un punto di vista emotivo e sprituale. Stiamo entrando sempre più in contatto con la comunità di Wamba, che ci regala non solo grandi emozioni, ma anche e soprattutto dubbi e domande alle quali ora non siamo ancora in grado sempre di rispondere.

Questa mattina verso le dieci, dopo una buona colazione in gruppo, ci dirigiamo dai bambini della scuola e dalle loro maestre, che come ieri ci accolgono con grande entusiasmo e ci corrono incontro a braccia aperte. Nonostante la timidezza di qualcuno, grazie ad un sorriso o una carezza si lasciano andare, rimangono contenti di vederci e di partecipare alle attività che abbiamo organizzato per loro. Ci mettiamo in gioco anche noi e, dopo qualche ballo e un po’ di “strega comanda colori”, arriva il momento clue della mattina: la consegna delle caramelle che ieri abbiamo impacchettato con cura.

Insieme ai bambini e alle maestre abbiamo anche creato dei cartelloni con l’impronta delle loro mani e il loro nome, che poi abbiamo lasciato nelle classi. Questa impronta ha dentro di noi un significato importante perché, anche se loro magari non lo sanno, la loro curiosità e la loro semplicità ci rimpiono il cuore e ci fanno stare bene.

Salutati i bambini ci avviamo verso l’Huruma Children’s Home, un ospedale gestito da suore come Suor Mary che ospita bambini disabili ripudiati dalle loro famiglie. Questi bimbi rimangono qui per tutta la vita e senza un reparto di fisioterapia e pochi aiuti dal governo, le loro possibilità di miglioramento sono praticamente zero. Facciamo fatica a capacitarci del fatto che una famiglia possa abbandonare un figlio o una figlia a causa di una disabilità. Il mondo da cui veniamo è molto diverso e abbiamo qualche difficoltà a capire queste decisioni, a rispondere alle domande che situazioni come questa fanno sorgere.

Riconosciamo e stimiamo però il lavoro delle suore che si preoccupano per questi bambini, li accolgono nella loro casa e dedicano la vita a prendersi cura di loro. Spesso si pensa che questi ragazzi e ragazze non ci possano dare nulla in cambio a causa della loro condizione, ma in realtà un loro sorriso vale più di mille parole.

Anche se un po’ emotivamente provati, ci spostiamo poi al Wamba Catholic Hospital a visitare Fratello Severino, che con grande allegria ci accoglie e ci spiega che il suo desiderio principale è quello di far riaprire l’ospedale di Wamba, ormai quasi completamente chiuso per mancanza di fondi è personale. Dopo averci offerto del pane fresco preparato dalle donne che lavorano all’interno del Wamba Hospital, il nostro morale si risolleva e ci accorgiamo che in fondo, sono le cose piccole come in questo caso il pane a fare la differenza.

Tornando verso casa riflettiamo sul fatto che di fronte ad alcune situazioni ci sentiamo impotenti e ci chiediamo cosa potremmo fare per aiutare persone come Fratello Severino che crede fermamente nel suo progetto e se ne prende cura nonostante molte persone non credono possibile la sua realizzazione.

L’ora di pranzo arriva e finalmente incontriamo per la prima volta Padre Omolo, che nota subito il ritorno delle scimmie qui alla Consolata e chiede spiegazioni a Padre Camacho… chiaramente lui non sa nulla. Ma facciamo un passo indietro e raccontiamo veramente come sono andate le cose: il pomeriggio precedente, entusiasti della loro visita, abbiamo deciso di aiutare Giulia nel suo progetto di addomesticamento delle scimmie e quindi abbiamo dato loro una ventina di banane…

Non abbiamo paura però, perché ai nostri occhi Padre Omolo è un gigante buono e quindi siamo convinti che non ci dirà nulla (o almeno speriamo). Neanche il tempo di un pisolino che sentiamo le urla dei bambini della scuola primaria, così raccogliamo tutto il nostro materiale e li raggiungiamo di fronte alla chiesa.
Il numero di ragazze e ragazzi aumenta sempre di più e, nonostante questo complichi un po’ il mantenimento del silenzio, ci divertiamo insieme, ci facciamo conoscere e ascoltiamo quello che loro hanno da raccontarci.

Notiamo che i bambini più grandi nutrono un certo senso di responsabilità verso i più piccoli prendendosi cura di loro e traducendo in swahili la spiegazione dei giochi in modo che tutti possano partecipare.

Dopo circa tre ore di giochi e musica, tutti si avviano verso casa e noi abbiamo un attimo di tempo per metabolizzare le mille emozioni provate oggi. Quello che ognuno ha provato oggi, tristezza, felicità, rabbia, confusione, difficoltà, curiosità, ci fa capire che alcune situazioni ci toccano nel profondo e ci interessano veramente.

Ci ritroviamo come ogni sera con Francisco per condividere le nostre impressioni e i momenti salienti della giornata. È sempre un momento di grande introspezione e comprensione di sè e del gruppo, perfetto per conciliare il sonno, che dopo questa giornata direi essere davvero necessario!

DILETTA NICOLINI

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