Il Vescovo Giuliano è tra noi

«Vicenza ha un nuovo vescovo. Domenica 11 dicembre don Giuliano Brugnotto è stato ordinato e ha fatto l’ingresso in diocesi nel corso di un’unica e suggestiva celebrazione. Un evento ecclesiale: grande partecipazione del popolo di Dio nei suoi numerosi carismi e ministeri, inclusi tanti diaconi, vescovi e presbiteri.

Il vescovo Giuliano ha rinunciato al motto episcopale e al tradizionale stemma. Ha detto ad Avvenire: “ho scoperto che lo stemma non è obbligatorio. Proviene da famiglie aristocratiche e nobiliari, e si è trascinato anche ai vescovi. Non penso sia necessario.” Ha anche chiesto di non essere chiamato ‘eccellenza’ e nel corso della cerimonia non è mai stato definito come ‘monsignore’.

Grazie vescovo Giuliano! Tutti possiamo cambiare il linguaggio, e renderlo un po’ più evangelico. È una cosa alla nostra portata, si può fare. Se poi, come sappiamo, è il linguaggio che struttura il pensiero e dunque l’agire, allora il cambiamento linguistico non è affatto senza conseguenze. Se si vuole almeno tentare di annunciare il vangelo ai ragazzi e alle ragazze, alle donne e agli uomini in questo nostro tempo, dai quali la chiesa è così sideralmente lontana, possiamo cominciare cambiando le parole. E pronunciarne di più umane e comprensibili.

La missione era presente ieri nella cattedrale di Vicenza. Il vescovo Giuliano ha salutato i numerosi missionari vicentini nel mondo e ha destinato all’associazione Missione Shahbaz Bhatti in Pakistan le offerte raccolte. La celebrazione è stata presieduta dal Cardinale Pietro Parolin, vicentino. Delle sue belle e sentite parole, forte è stata la chiamata alla felicità e l’appello alle beatitudini del vescovo tratte da un’omelia dell’arcivescovo di Napoli, Domenico Battaglia e riprodotte su un’immaginetta donata  da Papa Francesco al termine dell’Assemblea generale dei vescovi italiani, che volentieri riportiamo qui:

Beato il Vescovo che fa della povertà e della condivisione il suo stile di vita, perché con la sua testimonianza sta costruendo il regno dei cieli.

Beato il Vescovo che non teme di rigare il suo volto con le lacrime, affinché in esse possano specchiarsi i dolori della gente, le fatiche dei presbiteri, trovando nell’abbraccio con chi soffre la consolazione di Dio.

Beato il Vescovo che considera il suo ministero un servizio e non un potere, facendo della mitezza la sua forza, dando a tutti diritto di cittadinanza nel proprio cuore, per abitare la terra promessa ai miti.

Beato il Vescovo che non si chiude nei palazzi del governo, che non diventa un burocrate attento più alle statistiche che ai volti, alle procedure che alle storie, cercando di lottare al fianco dell’uomo per il sogno di giustizia di Dio perché il Signore, incontrato nel silenzio della preghiera quotidiana, sarà il suo nutrimento.

Beato il Vescovo che ha cuore per la miseria del mondo, che non teme di sporcarsi le mani con il fango dell’animo umano per trovarvi l’oro di Dio, che non si scandalizza del peccato e della fragilità altrui perché consapevole della propria miseria, perché lo sguardo del Crocifisso Risorto sarà per lui sigillo di infinito perdono.

Beato il Vescovo che allontana la doppiezza del cuore, che evita ogni dinamica ambigua, che sogna il bene anche in mezzo al male, perché sarà capace di gioire del volto di Dio, scovandone il riflesso in ogni pozzanghera della città degli uomini.

Beato il Vescovo che opera la pace, che accompagna i cammini di riconciliazione, che semina nel cuore del presbiterio il germe della comunione, che accompagna una società divisa sul sentiero della riconciliazione, che prende per mano ogni uomo e ogni donna di buona volontà per costruire fraternità: Dio lo riconoscerà come suo figlio.

Beato il Vescovo che per il Vangelo non teme di andare controcorrente, rendendo la sua faccia “dura” come quella del Cristo diretto a Gerusalemme, senza lasciarsi frenare dalle incomprensioni e dagli ostacoli perché sa che il Regno di Dio avanza nella contraddizione del mondo».

Buona missione e buon cammino carissimo vescovo Giuliano!

A cura di Gianni Criveller – PIME | Avvenire

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