La messa a cui abbiamo partecipato l’ultimo sabato di luglio è stata una bellissima testimonianza di vita comunitaria accanto a Dio. La parrocchia di la Vergine della Medallia Milagrosa si trova nel cuore della Verbena e accoglie una grossa fetta delle persone che abitano qui. La messa a cui abbiamo partecipato è stata un’occasione per ricordare i bambini della zona che hanno perso la vita a causa della malattia. Quella sera la chiesa era colma di persone, circa un centinaio, ma la cosa che più mi ha colpito è che un terzo di questi erano bambini e ragazzi. Come a dire che il cuore pulsante della chiesa sono proprio loro perché attorno ai bambini si attiva poi l’intera comunità.
Tutte le persone sono state coinvolte nella celebrazione: all’inizio infatti Padre Bruno ha invitato ciascuno a dire al proprio vicino “Benvenuto a casa”, e così tutte le persone si sono scambiate queste due parole così semplici ma così ricche di significato, come a dire che chiunque tu sia, io ti accolgo, così come il Signore ti accoglie tra le sue braccia. La comunità quella sera si è riunita attorno alle famiglie addolorate dalla perdita dei loro cari.
Padre Bruno ha ricordato i bambini defunti nominadoli uno a uno mentre i loro famigliari alzavano le mani. Qui io vedo una grande testimonianza di fede, che seppur nel dolore, non ci si richiude in se stessi, ma anzi ci si apre agli altri e al sostegno che una comunità può dare. E la comunità diventa testimone di fede, un appiglio a cui aggrapparsi nella sofferenza, con la consapevolezza che Dio è sempre tra noi.
Il momento che più mi rimarrà impresso è quando Padre Bruno ha chiesto di condividere un’intenzione per cui dire “Gloria a Dio”, e queste persone seppur soffrendo a causa della povertà, della miseria, della mancanza di posti di lavoro e di lavoro disumano, hanno trovato tantissime cose per cui ringraziare il Signore: la salute, la famiglia, l’amore di Dio, i figli, l’acqua, il cibo.
Padre Bruno poi ha fatto l’omelia scendendo dall’altare e andando in mezzo alla gente. È un gesto semplice che non richiede fatica ma io credo sia un gesto di grande valore, i sacerdoti, che comunque non vivono come la maggior parte delle persone della Verbena, scendono, si fanno piccoli per stare in mezzo alla gente povera.
E mi ha fatto riflettere e continua tuttora a farmi riflettere quanta fede possa esserci nel cuore delle persone più povere. Qui non si dà per scontato nulla, né l’acqua pulita né un pezzo di pane a pranzo però ciò che è chiaro è che Dio c’è. E perché allora per noi è così facile incolpare Dio quando qualcosa non va, anziché amarlo ancora di più e nonostante tutto? Quanta vita, quanta fede c’è dove tutto il resto manca? Quanto le cose di contorno, le comodità, il denaro, la frenesia della vita quotidiana ci allontanano da Dio?
La comunità la prima domenica del mese raccoglie viveri in chiesa che vengono distribuiti tra le persone più povere. E non è incredibile che chi ha poco, comunque regala qualcosa a chi ha ancora meno? Quanto l’invidia, l’avarizia, l’egoismo impediscono al nostro cuore di amarci gli uni gli altri e riconoscerci fratelli?
Come facciamo a riconoscere nell’altro il volto di Dio quando siamo sopraffatti dalle preoccupazioni, dai bisogni superflui e dagli agi ?
Essere comunità viva in cui le persone si conoscono, si riconoscono come fratelli e si sostengono significa essere una chiesa viva dove la fede in Dio consola quelli che vivono nelle difficoltà.
Rebecca – Città del Guatemala
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