I volti dell’Isola del Marajò

Ormai siamo agli sgoccioli di questa lunga ed intensa esperienza nell’Isola del Marajó in Brasile. Tra qualche giorno tre di noi raggiungeranno i padri fidei donum a Boa Vista, la capitale dello stato di Roraima, una di noi invece tornerà in Italia. Le sfide inevitabilmente sono state tante e integrarsi in una cultura totalmente diversa dalla nostra non è stato per niente facile. Abbiamo riscontrato numerose differenze tra lo nostra e la loro quotidianità e sicuramente questo ci ha fatto molto pensare e ragionare sulla vita di tutti i giorni.

Il nostro viaggio è iniziato con undici ore di volo per arrivare a Belèm, capitale dello stato del Parà, dove la notte ci attendeva la barca che ci avrebbe accompagnati alla nostra destinazione finale: l’isola del Marajó, São Sebastião de Boa Vista a nord del Brasile, ospiti della comunità religiosa della divina volontà, che da anni lavora qui, accompagnando famiglie e progetti di sostegno di persona in difficoltà.
Il viaggio in barca è stato unico ed irripetibile! Ci siamo gustati a pieno il Rio delle amazzoni facendoci cullare dalle sue correnti, distesi su un’amaca. I giorni successivi sono stati intensi perché pieni di novità, sguardi curiosi, nuove pietanze da scoprire, persone e luoghi da esplorare.
Ci siamo resi conto fin da subito che la gente del luogo non era abituata a vedere persone che arrivano da destinazioni molto lontane dalla loro, da lí abbiamo compreso cosa vuol dire essere lo “straniero”, essere in minoranza, essere “l’altro”. Nonostante questo, però, il popolo Marajoaro non ha esitato ad aprirci le porte delle loro abitazioni e dei loro cuori. Ognuno ci donava quello che poteva, nei limiti delle loro possibilità. Secchi di colore che diventavano delle comode sedie, la carta igienica che si trasformava in fazzoletti, frutta colta nel giardino di casa che diventava una pietanza insostituibile durante i pasti, la famosa Açaí. Abbiamo riscontrato che il frutto dell’açai si rivela come un vero e proprio lavoro, ma anche come un limite. Questo frutto cresce in tutta l’isola e dai più piccoli ai più adulti, ci si arrampica con agilità nelle piante per poterlo cogliere e poi gustare. Parlando con i ragazzi abbiamo colto che molti di loro non lascerebbero mai questa terra per l’assenza di quello che loro definisco l’oro nel resto del mondo.
Quando ci avventuriamo nei villaggi con la barca ci addentriamo ancora di più in quelle che sono le loro tradizioni più antiche, ma che ancora oggi fanno parte delle loro quotidianità. Ad esempio il casquigno, una barca a un solo remo, tutta in legno lunga e stretta; e la pesca dei gamberi utilizzando una gabbietta composta di foglie e rami della pianti di babaçu.
Nel mese di giugno è famoso il ballo tipico della zona, la quadriglia, che viene esibito dagli isolani di tutte le età in abiti meravigliosi, colorati e appariscenti per le feste dei santi patroni della città. Abbiamo avuto la possibilità di poter fare il bagno nel Rio delle amazzoni ed immergerci nella maestosa foresta amazzonica raggiungendo i villaggi nel weekend. Da lí potevamo incontrare delle comunità con cui condividere momenti di preghiera attraverso la messa, un pasto caldo tradizionale, quadriglia e bingo tutti assieme. Per noi sono stati momenti incredibili dove poter assaporare tutte queste condivisioni all’interno della maestosa naturalezza nella quale ci siamo gustati tutti i suoni e colori che ci donava. Durante le settimane abbiamo avuto la possibilità di conoscere storie e volti dell’isola che ci hanno commosso e arricchiti come persone. Altre emozioni molto forti sono state suscitate da momenti condivisi con i ragazzi del catechismo dove abbiamo portato attività di gioco che ci hanno uniti sin da subito oltrepassando così l’imbarazzo iniziale e la barriera linguistica. Abbiamo avuto modo di mettere in pratica alcune delle nostre proposte ludiche senza limiti d’età, riscoprendo anche così il nostro bambino interiore.
Tanti sono stati i momenti di sane risate e condivisioni riguardanti le differenze delle varie culture, potendo così acquisire nuove conoscenze, sicurezze in noi stessi e consapevolezze. Ci siamo scontrati un po’ con la realtà quando abbiamo contribuito all’organizzazione di un centro estivo durato due giorni in cui abbiamo notato una discreta differenza tra i ragazzi cresciuti in comunità della chiesa e ragazzi invece più ai margini della città con meno disponibilità economica. É triste vedere come le famiglie che non fanno parte di un ordine religioso siano abbandonate a loro stesse estraniandosi così da un integrità che va anche a discapito dei propri figli.
Fortunatamente c’è una tentativo da parte della comunità di dare più supporto a queste realtà.
Il ricordo con cui partiamo é di aver avuto la fortuna di conoscere molte sfumature di questo luogo unico, imparando così ad accogliere provando a capire anziché dare voce al giudizio. Un’ulteriore scoperta è stata vedere quanto a volte anche solo la nostra presenza e non il nostro operare fosse sufficiente, interscambiando dolci sorrisi e fare la loro conoscenza. Ripartiamo in viaggio con il cuore colmo di volti e nomi che ci accompagneranno nella prossima avventura a Roraima.
Giorgia, Beatrice, Beatrice, Isacco
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