Anche quest’anno la Thailandia sarà terra di accoglienza. Una squadra supportata anche dalla grande famiglia saveriana che anche quest’anno si prepara ad accompagnare in Thailandia altri giovani che desiderano vivere un’esperienza diretta in terra di missione. Ad accogliere in questi anni tanti ragazzi vicentini è stato padre Alex Brai, che non avrebbe mai pensato di vivere nel cuore di un tempio buddista assieme con giovani thailandesi e altri missionari. «Penso che sia un’esperienza interessante anche per la stessa gente nel vedere dei giovani che vivono per un paio di settimane assieme a loro», racconta p. Alex Brai della comunità saveriana in Thailandia che da oltre dieci anni è espressione del proprio carisma al servizio della Chiesa.
«Visitare gli ammalati, giocare con i bambini, vivere delle giornate di testimonianza è un segno che parla alla gente, ma rimane un’esperienza che fa bene anche per chi la fa prima di tutto».Un’esperienza che fa aprire gli occhi e apre a nuovi orizzonti. E da oltre dieci di distanza da quando i saveriani missionari sono in Thailandia i nodi da sciogliere sono ancora molti e le sfide da affrontare molteplici. Qual è il messaggio pasquale che arriva dalla Thailandia? «Credo che la parola che possa riassumere il messaggio pasquale che arriva dai villaggi dove siamo sia la parola comunione», spiega Brai. «Questo è per noi è un aspetto affascinante, ma anche una sfida riuscire ad entrare in un mondo così diverso, con visioni e mentalità inconsuete, senza lasciarci condurre da pregiudizi culturali e religiosi».
Una Pasqua che ci invita ad accogliere una luce particolare senza timore. Una luce accolta e diffusa in tutto il mondo. Una Pasqua che anche dalla Thailandia Alex Brai sa racchiuderla nel modo più essenziale di viverlo: in uno spirito fraterno per costruire un mondo di fraternità: «Per noi che siamo in Thailandia, tra i buddisti – in modo particolare nelle nelle baraccopoli – ma anche tra gli animisti di altre confessioni religiose, la Pasqua diventa la condivisione di un messaggio che certamente sa stravolgere la vita di tutti giorni. Una comunione che si può costruire e che nasce dal sacrificio di se stessi per gli altri. Di fatto è il mistero della croce che celebriamo e quel sacrificio sa diventare gioia. Porta alla gioia perché è fatto per gli altri e quando si vede la gioia nel volto degli altri si è pronti a sacrificarsi. Noi cristiani siamo porta voci e portatori di questo di questo messaggio anche Thailandia».
A distanza di dieci anni qual é l’aspetto più intimo che emerge della propria presenza? «Probabilmente la sfida è quella di riuscire ad entrare in profondità nell’altra persona. L’aspetto spirituale va al di là di ogni aspetto culturale o linguistico. Quando si parla di incontro con l’altro è proprio una crescita che si fa assieme, ma d’altronde questo succede anche con due persone della stessa realtà. Serve fare un percorso assieme per scoprire la profondità».
Come si vive il rapporto con un’altra cultura? E come può diventare scelta spirituale? «Quando si parla di aspetto spirituale facciamo riferimento ai sentimenti, alle emozioni che ognuno porta dentro. Le altre cose dovrebbero aiutare ad entrare in profondità della persona. Certamente non è una cosa che si può capire subito ma richiede tempo». «Noi missionari siamo chiamati a questo, ovvero di saper cogliere l’altro nella sua profondità, condividendo i nostri valori ma senza imporli. Questo serve per aprirsi, capendo cosa c’è nel proprio cuore e in ognuno di noi. Se da parte nostra c’è questa diponibilità lì diventa l’occasione per incontrare veramente le due spiritualità».
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