in “Avvenire.it” del 10 settembre 2024 – di Riccardo Maccioni
Due mondi che non comunicano salvo per esprimere solidarietà e aiuto: tra arrivi dall’Africa e villeggianti, ecco come si organizza il centro siciliano in prima linea sulla rotta del Mediterraneo.
Sono le 17.30 e il catamarano carico di turisti sta completando il giro dell’isola. Sullo sfondo, “Porta di Lampedusa – Porta d’Europa”, il monumento che Mimmo Paladino ha dedicato ai migranti morti in mare nel tentativo di raggiungere l’Italia. E allora l’audioguida ne racconta brevemente la storia. In sette ore di navigazione sarà l’unico accenno a un’emergenza non più tale.
Perché, al di là di quanto accaduto il 3 settembre con un gruppo di turisti che hanno rifocillato alcune persone appena sbarcate, chi viene in vacanza a Lampedusa può dividersi per giorni tra una spiaggia e l’altra senza incontrare neppure un migrante. E senza che nessuno gliene parli. Eppure, si chiama “Porta d’Europa” un negozio di via Roma, nella libreria itinerante “Ottimo massimo” sono numerosi i volumi sull’accoglienza e il Museo archeologico propone un allestimento di volti dei quali si vuole ricostruire l’identità, mentre una stanza ricorda la visita del Papa nel 2013.
«Confrontando il periodo tra marzo e giugno di quest’anno con il 2023 il calo è significativo (i dati ufficiali parlano di meno 64% ndr.) ma rispetto a due anni fa gli arrivi sono pressoché gli stessi. E non sono diminuite, purtroppo, le morti in mare». 1320 le vittime nei primi sette mesi del 2024. «La priorità dovrebbe essere garantire a queste persone di muoversi in sicurezza, e nella legalità». Parallelamente serve, e molto, il sostegno della società civile. «Il radicamento nel territorio è uno degli aspetti più importanti di Mediterranean Hope – spiega Saccomandi –, nella convinzione che la solidarietà è un muscolo: se non lo eserciti può atrofizzarsi».
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