Maudie: Una vita a colori

Il signor Everett assume come governante Maudie, una donna molto fragile ma dall’anima profonda. L’uomo ben presto si innamora di lei. Tratto dalla vera storia di Maud Lewis.

La felicità è racchiusa in due cose: una finestra davanti agli occhi e un pennello fra le mani. Maud, fragile nel fisico ma lucidissima nella mente, riesce nonostante l’artrite deformante a vivere un’esistenza artistica e coniugale appassionata e appassionante.
Ispirato alla biografia della pittrice folk Maud Lewis, Maudie è il classico melò che vibra esclusivamente grazie alla performance toccante della sua interprete protagonista. Mai come in questo ruolo che la vede ripiegata nel corpo deforme ma vibrante nello sguardo, Sally Hawkins riesce a illuminare ogni singola inquadratura in cui è presente.

Fin dalla scena iniziale è sufficiente il suo occhio attento a sbirciare la mano deformata che stringe faticosamente il pennello mentre è sorretta da un braccio sofferente, per raccogliere l’intensità dedicata al personaggio dall’attrice inglese: un mondo unico e parallelo alla “normalità” è racchiuso in quell’attimo, sintomo di una forza straordinaria nel senso letterale del termine.

A farle da specchio è l’interpretazione intensa di Ethan Hawke nei panni del marito Everett Lewis: rozzo commerciante, semi analfabeta, solitario e certamente problematico, l’uomo sposò Maudie prendendosela in casa prima come donna di servizio e poi come moglie.

Più che l’universo artistico di questa donna particolarissima, il film di Aisling Walsh si concentra sulla storia d’amore fra i due, coppia di “freak” confinati nelle terre gelide dell’Ontario costiero, capaci di intendersi attraverso una “diversità” fatta di codici in miniatura, proprio come la fragile corporatura di Maudie. La commozione non manca nel corso della pellicola, specie verso un finale piuttosto ovvio e da nota biografia. Resta la convinzione che senza Sally Hawkins questo film non esisterebbe.

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