in “La Stampa” del 14 dicembre 2024 – Ugo Magri
Quando accoglie gli ospiti è al solito inappuntabile. Ma ieri mattina, ricevendo al Quirinale il presidente della Palestina Mohamoud Abbas (meglio noto come Abu Mazen), Sergio Mattarella aveva la cordialità dipinta sul viso, segno di quanto ci tenesse. Le prime parole sono state di reciproca amicizia, ricordando la loro visita di otto anni fa a Betlemme. Ma è stato il presente, non il passato, al centro del colloquio. Le sofferenze dei civili palestinesi non lasciano indifferente l’Italia, ha garantito Mattarella con accanto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. La spirale «inaccettabile» di violenza che colpisce donne e bambini a Gaza va assolutamente fermata. Il presidente ha espresso senza mezzi termini «preoccupazione anche per quanto accade in Cisgiordania e a Gerusalemme Est», con insediamenti di coloni che contraddicono le risoluzioni Onu, cui si aggiungono «violenze contro i palestinesi». Bisognerebbe dare immediatamente seguito alla soluzione dei due popoli, sostiene Mattarella, altrimenti non avremo mai pace vera tra gli ulivi. Abu Mazen sottoscrive e promette che, quando questo accadrà, sarà lui stesso per primo a chiedere che i Paesi arabi riconoscano lo Stato ebraico. Ma intanto il suo popolo patisce sofferenze indicibili per mano d’Israele, è la sua denuncia, sotto gli occhi di una comunità internazionale assente, incapace di farsi sentire. E proprio di questa impotenza ha parlato nel pomeriggio Mattarella, ricevendo sul Colle gli ambasciatori stranieri accreditati in Italia.
Se il pianeta è un campo di battaglia, con il record di 56 conflitti in corso quest’anno, bisognerebbe farsi qualche domanda. Sergio Mattarella ne ha sollevate una quantità, quasi un j’accuse. Ha chiesto: davvero crediamo che la vita dei popoli «sia destinata a migliorare con la guerra»? Che derubare i vicini del loro futuro possa diventare la regola di condotta? Che valga ancora nel terzo millennio la legge del più forte, l’«invasione di altri Stati, la manipolazione della loro sovranità, l’alterazione della verità»? E soprattutto, ha domandato: che cosa stiamo facendo di fronte a tali tragedie? Quali iniziative stanno prendendo gli organismi mondiali preposti alla pace? Il mondo si gira dall’altra parte, constata Mattarella in chiara sintonia con quanto aveva denunciato poco prima il Nunzio di papa Francesco, Petar Rajic, decano del Corpo diplomatico accreditato.
Prevale un «atteggiamento miope», un’«assenza di visione strategica dell’interesse comune», afferma il capo dello Stato. La comunità internazionale è ai margini perché ha smarrito il sogno di un nuovo ordine mondiale più equo, più avanzato. Ognuno coltiva i suoi mediocri traguardi, tutti curano gli affari propri infischiandosene dei drammi collettivi, senza l’ambizione di farsi carico seriamente della pace, degli squilibri economici, delle calamità naturali, dei cambiamenti climatici per non dire della nuova sfida rappresentata dall’Intelligenza artificiale, le cui scoperte rischiano secondo Mattarella di diventare «un monopolio privato».
Zero rimpianti del mondo diviso in blocchi, crollato insieme con il Muro. Sennonché alla fine della Guerra Fredda «ha fatto seguito il ritorno di contraddizioni sopite, pagine che si consideravano
archiviate», punta l’indice il presidente. Si riaffacciano le politiche di potenza, fondate sulla sopraffazione. E questo ritorno al tempo delle «ambizioni espansionistiche nazionali», mette in
guardia, «non potrà mai significare progresso». I nazionalismi si presentano come soluzione ma sono essi il problema: è l’aggressività dilagante, fa intendere Mattarella, che scatena le guerre. Dazi
e protezionismi contribuiscono a innescare tensioni tra i continenti laddove il libero commercio mondiale, quello sì, sarebbe un «formidabile fattore di crescita». Il presidente plaude all’intesa
appena annunciata tra Europa e Mercosur, l’area di libero scambio del Sud America. Se il governo nutre ancora dubbi, Mattarella non ne ha alcuno: anche quel trattato è un contributo alla sicurezza
alimentare, alla biodiversità, alla pace.