Casa, lezioni di italiano e lavoro: apriamo il cantiere dell’integrazione
Con il garbo e lo spirito costruttivo che gli sono propri, il presidente Mattarella nel corso della sua visita in Africa ha espresso un convinto sostegno nei confronti di una formula di gestione dell’immigrazione che può ambire, una volta tanto, a un consenso condiviso. Visitando il centro don Bosco ad Ashaiman, in Ghana, ha elogiato il progetto formativo lì sviluppato dai salesiani, maestri della ricca tradizione della formazione professionale d’ispirazione cristiana: lì 250 giovani si formano ogni anno, in collaborazione con Confindustria Nord-Est, potendo contare su una porta d’ingresso legale in Italia mediante il decreto Cutro.
Gli ingressi per lavoro sono oggi forse l’unica forma d’immigrazione che mette d’accordo tutti o quasi: governo e opposizione, imprenditori e sindacati, società civile pro-immigrati e autorità locali così spesso ostili nei confronti dell’accoglienza dei rifugiati. Colpisce in modo particolare la conversione delle forze sovraniste, che una volta al governo hanno approvato un decreto che prevede 450mila ingressi per lavoro in tre anni. La pressione delle forze produttive ha spazzato via quasi per incanto i fantasmi della sostituzione etnica. Il finanziamento della formazione professionale e linguistica in patria è un tassello di un’immigrazione programmata.
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