Il vescovo dei cattolici in Siria ha fiducia in al Jolani

in “ilPost.it” del 16 dicembre  2024 – Daniele Raineri

Lo ha raccontato in un incontro ad Aleppo, nel nord della Siria, ricostruendo gli inaspettati sviluppi avvenuti tra i due negli ultimi anni.

Il vescovo Hanna Jallouf è l’autorità più alta della Chiesa cattolica in Siria e dice di essere ottimista dopo la fine del regime di Bashar al Assad e la conquista della Siria da parte degli insorti. Le parole del vescovo sono sorprendenti e in contraddizione con alcune analisi uscite in questi giorni che parlano della Siria come di un possibile nuovo «califfato», perché a vincere la guerra civile sono stati gruppi armati islamisti che negli anni passati erano legati allo Stato Islamico e ad al Qaida.

C’è il timore che gli islamisti al potere in Siria annunceranno presto misure dure e discriminatorie contro le minoranze religiose, che invece erano trattate alla pari quando c’era il regime del presidente Bashar al Assad. Il regime siriano rispettava le libertà religiose, ma commetteva crimini atroci contro i suoi oppositori politici.

Jallouf parla al Post in un ufficio accanto alla chiesa di San Francesco di Aleppo. Dice di essere ottimista perché è da due anni che conosce di persona il capo degli insorti, Abu Mohammed al Jolani (che ora si fa chiamare con il suo vero nome, Ahmad al Sharaa), e si fida di lui.

Un po’ di contesto. Prima di diventare vicario apostolico per la Siria, Jallouf era stato vescovo nella regione di Idlib, una delle più dure di tutto il paese per i cattolici, perché fin dall’inizio della guerra civile era finita sotto il controllo, in varie fasi, di tutti i gruppi islamisti, incluso lo Stato Islamico. «Noi cristiani eravamo perseguitati e trattati come cittadini di decima categoria, non di seconda», dice.

Jallouf racconta che una volta fu convocato dal tribunale islamico di Idlib alle dieci del mattino, ma fu lasciato fuori dalla porta ad aspettare per cinque ore «perché sono un infedele e davanti a me passavano tutti i musulmani». Era andato con l’abito da francescano: gli dissero che non poteva indossarlo perché nel concordato c’era scritto che i cristiani non potevano portare in pubblico simboli della loro fede per non essere accusati di proselitismo. Rispose che se era per aiutare i suoi fedeli allora poteva togliere l’abito.

Il concordato al quale si riferisce Jallouf sono le regole che i gruppi islamisti imponevano alle minoranze cristiane nei territori sotto il loro controllo. Tra gli obblighi c’era quello di vivere nascosti: non suonare le campane delle chiese, non mostrare in pubblico croci o Bibbie, non parlare di religione con i musulmani.

Un’altra volta Jallouf fu convocato perché gli islamisti volevano imporre nuove regole alle donne cristiane. Lui rispose che tanto valeva fare un editto per cacciare via tutti i cristiani: avrebbe obbedito e avrebbe portato via dalla regione di Idlib i suoi fedeli. A quel punto gli islamisti ritirarono le nuove imposizioni, perché la loro dottrina sostiene che la presenza dei cristiani debba essere mortificata, ma non eliminata del tutto. Era il 2015: il gruppo più forte nell’area di Idlib era Jabhat al Nusra, comandato da al Jolani, ma c’erano anche altri gruppi islamisti che aspiravano a diventare ancora più forti.

Nel 2018 quando Jolani prese il potere e divenne il più forte a Idlib, il suo gruppo Hayat Tahrir al Sham (Hts) volle aprire un canale di comunicazione con i cristiani della regione: così è stato fino al 2022. Nel 2022 Hts aveva l’ambizione di costruire un nuovo stato, «ma un nuovo stato non può essere soltanto uno stato rivoluzionario, devi cambiare anche le tue idee e i tuoi principi e così hanno fatto», dice Jallouf.

Il capo di Hts chiese di fare un incontro con i cristiani e con le altre minoranze religiose, e il vescovo rispose di sì.

«Ho preso quindici persone della mia gente e siamo andati a fare questo incontro, c’era la paura che ci bombardassero perché se qualcuno avesse saputo dove ci stavamo riunendo avrebbe potuto ammazzarci tutti. Non so dove siamo andati, perché ci hanno messo dentro macchine con i vetri oscurati. E appena lui è entrato, ha detto: “io non sono venuto qui per farvi una predica, ma sono venuto per ascoltarvi”. Bene, ho detto, noi siamo venuti per farti ascoltare. E così abbiamo parlato per un’ora e mezza. Abbiamo esposto tutti i nostri problemi, i misfatti che hanno fatto contro di noi. Alla fine al Jolani ha detto: “mi dispiace di tutto quello che è successo e mi scuso per tutto quello che è successo. Io vi assicuro questo, adesso è giugno e a giugno prossimo sarà tutto risolto tra noi”».

 

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