in “Osservatoreromano.va ” del 6 marzo 2025 – Andrea Tornielli
Il piano «Rearm Europe», 800 miliardi di euro per gli armamenti nel Vecchio Continente: davvero questo ci garantisce?
«L’aumento di risorse economiche per gli armamenti è ritornato ad essere strumento delle relazioni tra gli Stati, mostrando che la pace è possibile e realizzabile solo se fondata su un equilibrio del loro possesso. Tutto questo genera paura e terrore e rischia di travolgere la sicurezza poiché dimentica come un fatto imprevedibile e incontrollabile possa far scoccare la scintilla che mette in moto l’apparato bellico». Sono parole pronunciate meno di due anni fa da Papa Francesco per il sessantesimo anniversario della Pacem in terris e si attagliano bene anche a ciò che sta vivendo l’Europa, nel momento in cui viene annunciato dalla presidenza della Commissione un piano che consentirà di mobilitare per la difesa Ue circa 800 miliardi di euro. “Rearm Europe” è il nome del piano, evocativo di tragici momenti di «paura e terrore» del recente passato.
L’Europa, negli ultimi tre anni, si è purtroppo dimostrata anch’essa incapace di iniziativa e creatività diplomatica. È sembrata in grado soltanto di rifornire di armi l’Ucraina ingiustamente aggredita dalle truppe russe, ma non di proporre e perseguire, al contempo, concrete vie negoziali per mettere fine al sanguinoso conflitto. E ora si prepara ad investire, sulla scia di analoghe iniziative prese da altre potenze mondiali, la cifra esorbitante di 800 miliardi in armi. Non li investe per combattere la povertà, per finanziare programmi in grado di migliorare le condizioni di vita di chi fugge dai propri Paesi a causa di violenze e miseria, per migliorare il welfare, l’educazione e la scuola, per garantire un futuro umano alla tecnologia, né per assistere gli anziani. Li investe per gonfiare gli arsenali e dunque le tasche dei fabbricanti di morte, nonostante già oggi la spesa militare dei Paesi dell’Unione superi quella della Federazione Russa. È davvero questa la via da seguire per assicurare un futuro di pace e prosperità al Vecchio Continente e al mondo intero? Davvero la corsa al riarmo ci garantisce? Davvero è qui la chiave per ritrovare le nostre radici e i nostri valori?
Invece di costituire, come proposto dal Papa nell’anno del Giubileo, un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e promuovere uno sviluppo sostenibile dell’intero pianeta, utilizzando una percentuale fissa del denaro impiegato nelle spese militari, si progetta di riempire gli arsenali di nuovi ordigni, come se le atomiche stoccate nei magazzini già non minacciassero a sufficienza un olocausto nucleare in grado di distruggere più volte l’umanità intera. Come se quella Terza guerra mondiale a pezzi profeticamente evocata già un decennio fa dal Successore di Pietro non fosse la vera minaccia da scongiurare. Invece di cercare di ritagliarsi un ruolo attivo e propositivo per la pace e per il negoziato, l’Unione rischia di ritrovarsi unita nell’escalation del riarmo.
È il prevalere, ancora una volta, di quello che Francesco nell’aprile 2022, aveva definito lo «schema della guerra», che porta a «fare investimenti per comprare le armi» dicendo «ne abbiamo bisogno per difenderci». Il Papa aveva citato il venir meno della «grande e buona» volontà di pace che aveva caratterizzato il periodo immediatamente successivo alla fine della Seconda guerra mondiale. Aveva amaramente osservato che «settant’anni dopo abbiamo dimenticato tutto questo. È così lo schema della guerra si impone… lo schema della guerra si è imposto un’altra volta. Noi non possiamo pensare un altro schema, non siamo più abituati a pensare allo schema della pace».

