Quinto giorno a Wamba, Kenya, Africa.
Il quinto giorno in questa terra stupenda inizia senza il nostro mentore Francisco e senza Padre Camacho poiché sono andati a Sagana per un altro impegno. Nonostante la loro assenza facciamo la nostra solita colazione e alle nove siamo fuori dai cancelli ad attendere i primi bambini. Anzi, sono loro ad attendere noi. Iniziamo subito dividendo i bambini più grandi da quelli più piccoli. Per quest’ ultimi abbiamo progettato delle attività più manuali e semplici, mentre con i grandi creiamo dei gruppi tramite un segno di tempera sulla mano: formiamo così quattro squadre (rossa, verde, blu e gialla) che oggi parteciperanno agli “Olympics Games”. Io e gli altri miei compagni di avventura abbiamo preparato sette giochi, consapevoli di riuscire a farne forse tre… e così è stato.
Siamo riusciti a fare solamente due giochi e poi abbiamo preferito lasciare ai bambini la libertà di giocare con la palla o di intraprendere altre attività. Personalmente ho passato l’ultima ora insegnando loro a fare gli Scooby-Doo, mentre loro si divertivano a disegnare con i pennarelli colorati sulla mia pelle. Poi c’è stato il momento della merenda con aranciata e biscotti, per poi tornare a casa per il pranzo. Il tutto prima di ritrovarsi con i “nostri” bambini per fare una passeggiata.
È stato molto bello trovarsi immersi nel verde, nella zona rurale di Wamba tra alberi, ruscelli non proprio limpidi e capre. Siamo perfino arrivati a vedere le cascate, ma la cosa più bella non è stata questa. La cosa più bella è il sorriso che questi bambini non perdono mai. Si sono lanciati letteralmente nell’acqua delle cascate ed erano così felici che non so bene cosa dire sinceramente. Per quanto mi riguarda c’è un filo rosso che collega questi primi giorni passati qui ed è lo sguardo dei bambini. Per questo mi sento di fare riferimento a Francisco che a proposito ne ha fatto un bellissimo articolo. Come dice lui “la connessione umana si forgia attraverso gli occhi […], il modo in cui le persone, soprattutto i bambini, ti guardano […] hanno uno splendore speciale. È difficile spiegare come ti guardano: sono sguardi di stupore, curiosità o novità, ma è certo che ti guardano direttamente negli occhi. Dietro ogni sguardo, c’è una storia da raccontare. Sono testimonianze silenziose di vita, piene di passione, gioia, tristezza e speranza”.
Ed è proprio questo che ho notato, lo sguardo che riesce a comunicare tanto, forse troppo.
Non posso poi dimenticare altri piccoli gesti che mi hanno fatto sentire coccolata. Durante la strada del ritorno Giovanni mi ha offerto del cibo tipico che ha acquistato in una piccola bancarella mentre Margaret mi ha regalato un braccialetto fatto a mano da lei. Concludo con questa frase che mi ritorna di tanto in tanto in mente ovvero chi ha meno ti offre tutto ciò che ha.
GIULIA CHIEMENTIN
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