Erigere l’Olocausto a paradigma in cui riconoscere le tanti atrocità vissute e prevenire quelle del futuro – Vito Mancuso
Liliana Segre ha affermato: “Fra qualche anno della Shoah ci sarà una riga nei libri di storia, e poi nemmeno quella”. È possibile evitare un simile esito? Cominciamo col dire che dare un nome agli eventi è essenziale. Significa com-prenderli, prenderli con, farli propri: un evento, che prima era fuori dalla mente, poi, mediante il nome attribuito, le entra dentro e, da oggetto muto, assume un significato. Churchill aveva parlato dello sterminio degli ebrei a opera dei nazisti come di un “crimine senza nome” perché non c’erano precedenti nella storia, per quanto assai sanguinosa, dell’umanità . Poi però il bisogno di comprendere della mente iniziò a proporre dei nomi per l’evento e tra questi, alla fine, se ne impose uno: Shoah, termine ebraico che significa “catastrofe”.
Ma che tipo di catastrofe si nomina dicendo Shoah? Catastrofe, infatti, può essere riferita a molte cose e noi nel linguaggio quotidiano ne usiamo il nome anche per eventi ben poco catastrofici, come quando, a proposito di uno spettacolo, diciamo “a teatro è stata una catastrofe”. Occorre quindi specificare la tipologia di catastrofe nominata dicendo Shoah, chiarire quale fu la peculiare catastrofe che i nazisti misero in atto con l’operazione da loro detta Endlösung, “soluzione finale”. La risposta migliore è quella fornita dal giurista ebreopolacco Raphael Lemkin con il termine che coniò per nominare il contenuto specifico della Shoah: “genocidio”. La Shoah è la catastrofe consistente nel genocidio del popolo ebraico.
Di ogni termine il dizionario Zingarelli riporta l’anno della prima occorrenza nella nostra lingua e per “genocidio” l’anno è il 1950 (per Shoah è il 1985). Il termine era stato coniato da Lemkin sei anni prima, nel 1944, sulla base di due antiche parole: il greco “genos”, popolo, e il latino “cidium” (dal verbo “caedere”, “colpire a morte”) da cui “homicidium”. Genocidio è l’omicidio di un intero popolo.
Prima della Shoah vi furono altri genocidi? Almeno due: quello degli armeni a opera della Turchia dal 1915 al 1916 con 1,5 milioni di vittime, e quello pianificato da Stalin contro gli ucraini con la grande carestia del 1933-34 detta Holodomor con 3,5 milioni di vittime. A quei tempi però non esisteva una Giornata della Memoria e per questo Hitler nel 1939 poté dichiarare: “Chi parla ancora oggi dell’annientamento degli armeni?” (dal report dell’ambasciatore britannico del 25 agosto 1939). È evidente che il silenzio in cui era caduto il genocidio degli armeni lo incoraggiava a mettere in atto il genocidio che stava programmando per gli ebrei e che attuò da lì a poco.
Lo scrittore ebreo Gabriele Nissim conduce da anni la sua battaglia per far comprendere come il senso della Giornata della Memoria debba essere duplice: in ordine al passato ricordare i nomi e i volti di coloro che furono uccisi nei campi di sterminio; in ordine al futuro prevenire ogni possibile nuovo genocidio. Infatti, come prima del genocidio ebraico si ebbero i due genocidi ricordati, così dopo ne seguirono altri. Quanti? Secondo Gregory Stanton, fondatore di “Genocide Watch”, dal ’48 a oggi si sono avuti più di 55 stermini definibili “genocidio” con 70milioni di vittime. Di recente Nissim ha scritto un saggio dal titolo “Auschwitz non finisce mai”, sottotitolo “La memoria della Shoah e i nuovi genocidi”, la cui tesi è che la Shoah non deveessere considerata qualcosa di unico e di conseguenza di irripetibile nella storia, madeve piuttosto essere considerata come il genocidio paradigmatico del Novecento, una lente di ingrandimento per individuare e impedire ogni altra possibilità di genocidio.
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