Condivido con voi un momento davvero speciale della mia esperienza a Papae, un villaggio della nostra parrocchia di Lamphun, nel nord della Thailandia. Con un gruppo di suore, un prete di Chiang Mai, don Bruno Soppelsa (fidei fonum della diocesi di Belluno Feltre) e un gruppo di parrocchiani siamo andati all’interno della foresta, accompagnati da alcune persone del posto. Pochi giorni fa è avvenuto un fatto gravissimo. Zio e nipote erano venuti a caccia quando, per errore, lo zio, di 55 anni, ha sparato e ucciso il giovane credendolo una preda. Accortosi della tragedia, non reggendo all’impatto di quanto aveva commesso, si è tolto la vita su un albero lì vicino. Questi fatti, nella tradizione e nella cultura di questa tribù, diventano motivo profondo di paure e di vero terrore, che non permettono a nessuno di recarsi sul luogo e raccogliere i corpi per seppellirli al villaggio, dando alle vittime un dignitoso ricordo. Vengono perciò interrati nel cuore della foresta. La zona della loro sepoltura diventa luogo d’inguaribili, ataviche, profonde paure. Il ragazzo apparteneva a una famiglia di cattolici, anche se non era ancora stato battezzato. Lo zio invece era buddista e animista.
Abbiamo deciso di raggiungere questo posto per pregare con testi e canti in lingua Thai e nella lingua dell’etnia Pakagno, e porre una croce sopra al luogo della sepoltura del giovane. Abbiamo voluto recarci anche all’albero, dove lo zio ha scelto di morire. Nessuno avrebbe avuto il coraggio e la forza di avvicinarsi a questo luogo “impuro”, ma noi, come cattolici abbiamo voluto dare un segno forte e benedire questo luogo di sofferenza, anche se l’albero era già stato tagliato ed eliminato. È stato un momento di preghiera universale, di affidamento, di semina di fiducia, di vittoria della Vita sulla morte!
Le paure ancestrali, soprattutto per chi fa parte di alcuni gruppi etnici, sono veramente ritenute insormontabili. Per fortuna ci sono preti, suore ed alcuni parrocchiani che, pur provenendo dalla stessa etnia hanno scelto di dare un segno nuovo, davvero incisivo, creando un esempio molto forte per tutto il villaggio. È stato come spostare le montagne con un piccolissimo gesto di resurrezione! Quest’esperienza mi ha fatto toccare con mano che la nostra presenza qui ha un senso profondo e incisivo quando si riesce a creare dei momenti in cui ci si libera dalle paure dell’animo. Pochissimi del villaggio sono venuti con noi in foresta, ma tutti sapevano che questi pochi avevano avuto il coraggio di andare: questo segno dice agli altri che è possibile liberarsi da queste paure. È l’esperienza viva e concreta di quando predichiamo che Gesù può liberare. Lui stesso è liberazione quando si vive la sua fede, la fiducia in Lui.
Questo racconto vuol essere il mio augurio: che ciascuno – in mezzo a tutte le paure che non mancano in questo tempo di pandemia – possa provare questo senso di liberazione e di libertà interiore. Questo “passaggio” ha aperto una pagina nuova nella vita e nel cammino di fede del villaggio di Papae!
don Ferdinando Pistore
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