Sam Mendes ritorna alla regia e lo fa con un film visivamente potente ed emozionante, un film di guerra dove la guerra non sta che sullo sfondo, per raccontare, essenzialmente, una storia di coraggio e amore per la vita, di speranza e futuro. Collocato durante il periodo bellico più feroce che il mondo abbia mai conosciuto, ovvero la Prima Guerra Mondiale, ispirato ai racconti del nonno del regista, Mendes mette in scena una storia che sotto il manto dell’apparente semplicità narrativa si scopre di una potenza visiva coinvolgente e viscerale che conquista lo spettatore e gli permette di vivere quasi direttamente, in prima persona, l’avventura rischiosa ed emozionante dei due soldati protagonisti del film.
Dalle soffocanti e anguste trincee possiamo seguire i coraggiosi anti-eroi, due giovani amici ansiosi di tornare a casa, e ritrovarci anche noi sul vero e proprio terreno di battaglia. Una no-man’s land sporca, fangosa, dove si respira la morte e si calpestano i cadaveri di uomini e animali. E si procede tra fattorie abbandonate, città distrutte, notti incendiarie, fiumi impetuosi, boschi meravigliosi e selvaggi, anticamere dell’ennesima inutile battaglia.
L’epica anti-bellica del film emerge quando la violenza, intrinseca caratteristica della guerra, non viene mai esplicitamente mostrata, anche durante gli episodi più cruciali di questa incredibile ed emozionante avventura. La violenza in 1917 non è mai protagonista, così come non lo è la morte, e questa caratteristica è quasi unica e peculiare per un film di guerra. L’epica si rintraccia nell’appassionante e toccante storia di sopravvivenza, nell’attaccamento alla vita, nel saper cogliere la bellezza anche nei momenti più disperati e rischiare tutto per un bene più grande.
Ma c’è un sentimento che abbraccia tutto il film ed è quello dell’amore, che nel film prende la forma di due bambine e di una donna ritratte nelle fotografie, e in tre semplici parole: «Torna da noi». Ma a questo punto dovrete arrivarci da soli!
A cura di Mariano Iacobellis S.I.
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